
Quando nel 1995 fui invitata in Germania a tenere dei workshops sul riciclo per dei gruppi di adolescenti, mi resi conto del potenziale comunicativo di questa attività, che passava da un’espressione d’arte personale ad un’espressione di creatività collettiva, legata non solo a salvare materiali di scarto, ma gettava presupposti per recuperare anche valori profondi, di autostima e di rinascita. Un workshop creativo ha la potenzialità di creare un ambiente intimo dove è possibile palesare qualche cosa di profondo come l’espressione di sé, delle proprie emozioni e della voglia di comunicare la propria visione delle cose, ma se il workshop creativo è anche legato al recupero di materiali, altrimenti destinati alla distruzione, ecco che si aggiunge un elemento sorprendente: “l’ingegno”; infatti mentre la pittura o la scultura sono tecniche consolidate da millenni, con il riciclo ci troviamo sempre davanti a materiali nuovi che ci sfidano, che richiedono sperimentazione che ci provocano; come si comportano con il fuoco, l’acqua o i solventi? Ecco che il vero creativo si lascia sorprendere dal risultato dei propri esperimenti, combina elementi con curiosità ed ingegno e ciò che genera lo emoziona ed entusiasma, come un alchimista davanti ad una scoperta, infine, ciò che riduttivamente classifichiamo come “riciclo creativo”, diventa fonte di ispirazione, prima per l’artista, poi per chi guarda l’artista creare ed infine, per chi è in grado di percepire questa emozione godendo dell’opera completata.